Il mondo è come “un vaso sacro”

Le religioni a servizio della Casa comune e dei Nuovi stili di vita

Nella memoria dello “Spirito di Assisi”, il Centro Studi Francescani per il Dialogo interreligioso e le Culture di Maddaloni (Ce), lo scorso 23 settembre, ha ripreso gli incontri ecumenici e le attività a carattere interreligioso, offrendo una serata di riflessione sulla cura della casa comune e la proposta dei nuovi stili di vita. Il problema dell’ambiente e l’impegno per la salvaguardia del creato sono molto sentiti da tutte le comunità interreligiose che propongono, se pur a partire da prospettive diverse, un percorso di vita in armonia con la natura.

La condizione di pandemia nella quale ci troviamo ha messo in crisi il nostro rapporto con lo spazio e le stesse relazioni con l’ambiente e non solo con le persone. Forse, i nuovi stili di vita – che hanno come obiettivo la sostenibilità delle risorse e del Pianeta -, tanto nuovi non sono, perché riflettono un modo di pensare e di agire piuttosto sapienziale che i maestri delle grandi religioni hanno sempre praticato e vissuto. Ha così esordito il reverendo Li Xuanzong, prefetto della Chiesa taoista italiana che è in Caserta, affermando che, nella prospettiva del Tao, il mondo è come un “vaso sacro” posto nelle nostre mani. La sapienza che viene dall’Oriente ha sempre salvaguardato la strettissima relazione tra persona e natura. È la tecnica prodotta dall’Occidente che ha provocato una diastasi tra scienza e fede, tra ambiente e comunità, per fini edonistici ed economici. La terra produce i suoi frutti per il sostentamento dell’uomo e non per il profitto di pochi.

Interessante l’intervento di Angela Furcas, rappresentante della comunità Bahai della Campania, che ha esordito con questa frase: “La Terra è di tutti”. Per un’ecologia integrale e un’autentica conversione pastorale al “bene comune” e alla “sostenibilità dell’ambiente”, è necessario ricucire lo stretto rapporto tra vita spirituale e vita economica, tra corpo e anima, ragione e spirito. Lo ha ricordato il dottor Amedeo Imbimbo, rappresentante buddista del Sangha Loka di Napoli, appartenente alla Federazione Rimé Italia, che ha evidenziato l’esistenza, in ciascuno di noi, di una forte e cieca ignoranza, ossia l’illusione di essere separati gli uni dagli altri, dimenticando, invece, che c’è un legame spirituale inscindibile tra microcosmo e macrocosmo. Noi siamo il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, l’amore che doniamo. Il sentimento della compassione avvolge non solo le relazioni umane ma anche quelle con il Pianeta e l’intero universo. Vi è un’irrinunciabile e segreta armonia tra gli esseri viventi che sono nel mondo: a noi tocca ancora scoprirla!

Il professore Lucio Baglio, già presidente del Segretariato per le Attività ecumeniche di Napoli e Caserta (SAE), ha rilevato la profonda crisi di senso che riguarda l’uomo di oggi e il suo stare al mondo: “Perché esistiamo? Dove stiamo andando? Che cosa significa stare al mondo? Si può vivere fuori dal nostro Pianeta?”. La questione ecologica ha sempre un fondamento antropologico. La professoressa Lucia Antinucci, presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana di Napoli, ha ricordato che, nella Bibbia, il mondo è inteso come un grande sacramento perché porta tutti i segni dell’amore e della bellezza di Dio. D’altronde, Adamo non è mai percepito nelle Sacre Scritture in modo astratto, bensì sempre inserito in un contesto, in uno spazio vitale che gli appartiene non solo esistenzialmente ma anche simbolicamente come relazione essenziale. Il riferimento non poteva non essere alla Laudato si’ di papa Francesco e alla sua recezione oggi nelle nostre comunità.

È stato meditato, poi, il messaggio congiunto per la Giornata del Creato a firma di papa Francesco e del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I (del 2017), che presenta una forte denuncia per l’attuale crisi ecologica e ambientale: «La storia del mondo […] ci rivela uno scenario moralmente decadente, dove i nostri atteggiamenti e comportamenti nei confronti del creato offuscano la vocazione ad essere collaboratori di Dio. La nostra tendenza a spezzare i delicati ed equilibrati ecosistemi del mondo, l’insaziabile desiderio di manipolare e controllare le limitate risorse del pianeta, l’avidità nel trarre dal mercato profitti illimitati: tutto questo ci ha alienato dal disegno originale della creazione. Non rispettiamo più la natura come un dono condiviso; la consideriamo invece un possesso privato. Non ci rapportiamo più con la natura per sostenerla; spadroneggiamo piuttosto su di essa per alimentare le nostre strutture. Le conseguenze di questa visione del mondo alternativa sono tragiche e durevoli. L’ambiente umano e quello naturale si stanno deteriorando insieme, e tale deterioramento del pianeta grava sulle persone più vulnerabili. L’impatto dei cambiamenti climatici si ripercuote, innanzitutto, su quanti vivono poveramente in ogni angolo del globo. Il nostro dovere a usare responsabilmente dei beni della terra implica il riconoscimento e il rispetto di ogni persona e di tutte le creature viventi. La chiamata e la sfida urgenti a prenderci cura del creato costituiscono un invito per tutta l’umanità ad adoperarsi per uno sviluppo sostenibile e integrale».

Nel dibattito previsto in aula, tra i convenuti, si è molto discusso sulla necessità di formare le nuove generazioni a un rapporto reale e quotidiano con la natura, a partire dagli spazi che occupiamo, dal cibo che mangiamo, dai fiori che vediamo e dai frutti che produciamo e dall’acqua che beviamo e dall’aria che respiriamo. Il ritorno alla natura richiede un cammino di conversione e di rispetto per tutto il creato che si nutre di piccoli gesti non trascurabili.

Al termine della serata è stato proiettato un video con musica ebraica del gruppo Davka Project che combina melodie antiche, ritmi moderni e brevi spiegazioni in quelli che si chiamano i viaggi virtuali nella tradizione. Si tratta della riproduzione di canti in ebraico ed aramaico, che si alternano a quelli in Yiddish, Ladino e nei dialetti ebraico italiani, portando il pubblico nei luoghi e nelle storie delle varie diaspore ebraiche.

 

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