FRA GERUSALEMME E ROMA

Durante l’udienza del 31 agosto scorso, una delegazione formata da tre delle principali istituzioni rabbiniche internazionali, un’ampia rappresentanza di rabbini europei, americani e israeliani, ha consegnato ufficialmente al Papa  il documento “Fra Gerusalemme e Roma”. Riflessioni sui 50 anni dalla Nostra Aetate, datato febbraio 2016 ma reso pubblico a inizio 2017, di cui ho già parlato nell’articolo del 17 maggio c. a. Papa Francesco ha ricevuto i rappresentanti della Conferenza dei Rabbini Europei, con il presidente  rav Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca,  il vicepresidente e rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, il Consiglio Rabbinico d’America con il presidente  rav Elazar Muskin e la Commissione del Gran Rabbinato d’Israele impegnata nella Commissione della Santa Sede per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo, con il presidente rav Ratzon Arusi .  Per la prima volta – ed è per questo che il documento lo si può definire epocale – il rabbinato ortodosso internazionale ha dato una risposta unitaria sul tema del dialogo con la Chiesa cattolica.
Nel saluto introduttivo il rabbino Pinchas Goldschmidt ha affermato che , quando la dichiarazione conciliare Nostra Aetate era stata pubblicata, nel mondo ebraico vi era stato “scetticismo”, ma “ora possiamo affermare che il cambiamento della Chiesa cattolica nei confronti del mondo ebraico è stato genuino e profondo”, il che fa sperare “che la nostra fratellanza si rafforzerà ulteriormente” . Il rabbino ha sottolineato che il Documento costituisce “la risposta ufficiale ebraica” alla  Dichiarazione Nostra Aetate. Rav Goldschmidt ha proseguito sottolineando  che a cento anni dalla rivoluzione bolscevica e a oltre sessant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e della Shoah, i leader religiosi che affermano la dignità dell’uomo, contro i vari razzismi, devono, ora più che mai, “camminare sul sentiero del Dio della vita e amarci – ha affermato – vicendevolmente tra fratelli, tutti creati a sua immagine”.  
E’ stato poi Papa Francesco a prendere la parola, ed ha esordito salutando i rabbini e i convenuti, in particolare rav Pinchas Goldschmidt per le sue gentili parole. Egli ha riconosciuto che il momento attuale costituisce un momento fecondo di dialogo tra il popolo ebraico e la Chiesa cattolica, come espresso dal Documento ‘Fra Gerusalemme e Roma’, in cui si riconosce che la Dichiarazione NA 4 costituisce la ‘magna charta’ del dialogo con il mondo ebraico, che ha consentito di instaurare sempre più rapporti amichevoli e fraterni. Il Papa ha richiamato quindi il fondamento teologico di tali rapporti amichevoli: “Nostra Aetate ha messo in luce che gli inizi della fede cristiana si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti e che, essendo grande il patrimonio spirituale – ha affermato – che abbiamo in comune, va promossa fra noi la mutua conoscenza e stima, soprattutto attraverso studi biblici e colloqui fraterni (cfr. 4)”. Tutto ciò ha reso possibile l’avvicinamento, il dialogo efficace e fruttuoso, approfondendo così la conoscenza reciproca e intensificando i vincoli di amicizia. Papa Francesco, nel suo discorso, ha posto in risalto gli i contenuti molto positivi del Documento: nonostante le differenze teologiche fra le due tradizioni di fede, è possibile collaborare sempre più, partendo dal fatto che “il vostro documento- ha detto il Papa –  si rivolge ai cattolici chiamandoli ‘partner, stretti alleati, amici e fratelli nella ricerca comune di un mondo migliore che possa godere pace, giustizia sociale e sicurezza’ “. Il Papa ha messo ancora in evidenza che nel Documento viene espressa la condivisione di credenze comuni, come pure l’auspicio  che le religioni debbano “utilizzare il comportamento morale e l’educazione religiosa – non la guerra, la coercizione o la pressione sociale – per esercitare la propria capacità di influenzare e di ispirare”. Papa Francesco ha invocato poi la benedizione dell’Eterno per tutti questi propositi espressi dai rabbini: “E’ tanto importante questo: possa l’Eterno benedire e illuminare la nostra collaborazione perché insieme possiamo accogliere e attuare sempre meglio i suoi progetti, ‘progetti di pace e non di sventura’, per ‘un futuro pieno e di speranza’ (Ger 29,11)”. Il Papa ha concluso il suo discorso esprimendo ai rabbini gli auguri per il nuovo anno ebraico,: “Shanah towah” [anno 5778 del calendario ebraico / 20 – 22 settembre 2017]; ha infine ringraziato  i rabbini per essere venuti e ha chiesto loro di ricordarlo nelle preghiere, concludendo con la benedizione: “Vorrei, infine, invocare con voi e su tutti noi la benedizione dell’Altissimo sul comune cammino di amicizia e di fiducia che ci attende. Nella sua misericordia, l’Onnipotente conceda a noi e al mondo intero la sua pace. Shalom alechem!”.
L’incontro tra i rabbini ortodossi e il Papa è stato quindi di grande cordialità, all’insegna della fiducia reciproca e dell’impegno concreto alla collaborazione, per offrire al mondo motivi profondi di speranza: il tikkun olam (collaborare per il perfezionamento del mondo, per lo sviluppo della scienza e della tecnologia al fine di migliorare la qualità di vita degli individui, per prevenire e riparare i danni della Natura realizzando e mantenendo l’armonia del creato, non restando indifferenti di fronte alle storture del mondo, per preoccuparsi dei poveri e degli oppressi, per cercare di riparare ai mali della società, cercando di aver cura per l’ambiente, il clima, la Natura e tutte le specie di piante e di esseri viventi).
Tra le varie reazioni in merito al Documento Fra Gerusalemme e Roma occorre segnalare quella di monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) per l’ecumenismo e il dialogo , che ha parlato di documento “storico”, nella sua intervista per il quotidiano Servizio Informazione Religiosa (SIR): “È la prima volta che l’ebraismo ortodosso – ha affermato – fa un documento ufficiale in risposta non solo a Nostra Aetate ma alla storia di dialogo con il mondo ebraico che il documento conciliare ha messo in movimento”. Egli  ha aggiunto che nel preambolo si parla “anche della storia passata e, quindi, della sofferenza e della persecuzione vissuta, ma [i rabbini] mettono in risalto come la Chiesa cattolica in questi anni ha riconosciuto le radici della sua fede nell’ebraismo e affermato che il dono dell’Alleanza di Dio con il popolo ebraico è irrevocabile”. Mons. Spreafico ha definito “forte”  il passaggio in cui gli ebrei definiscono i cattolici “amici e fratelli”, poiché è l’ “alleanza di Dio con l’umanità a renderci tutti fratelli”. Egli ha pure evidenziato che la diversità permane e, il dialogo teologico tra Chiesa cattolica ed ebraismo è “comunque e sempre nelle sue fonti asimmetrico, nel senso – ha sottolineato Mons. Spreafico – che mentre per noi l’ebraismo è alla radice della nostra fede, non così per loro è il cristianesimo”. Il vescovo di Frosinone ha evidenziato pure che la grande novità del Documento risiede nel fatto che indica anche vie di dialogo concrete, soprattutto nell’impegno condiviso a liberare le religioni da ogni deriva di fondamentalismo e le società moderne da ogni forma di violenza: “Viviamo tempi di oscurità, segnati da conflitti e minacce di guerra, e pervasi da paura, resistenze, e purtroppo anche nuove forme di razzismi. […] Ed è proprio alla luce di questi tempi che si può comprendere il valore di un documento di questo genere perché sottolinea che o noi ci convinciamo che l’unica via alla pace è il dialogo oppure perderemo la sfida. È quello che papa Francesco e la Chiesa sottolineano in continuazione: l’unica via alla pace è il dialogo”.
P. Norbert Hoffmann, segretario della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo, ha affermato, nella sua intervista per Pagine ebraiche, mensile dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (riportato dal quotidiano SIR): “Da parte nostra questo documento è stato accolto con grande calore, come un piccolo miracolo. Mai prima d’ora tre organizzazioni rabbiniche ortodosse avevano parlato in modo unitario e così positivo della promozione del dialogo. Leggere parole come ‘stretti alleati, amici, fratelli’ è molto importante”. Rav Di Segni, sempre su Pagine Ebraiche, si è mostrato concorde con tale giudizio, e ha posto in risalto che “il documento rappresenta la possibilità di fare insieme alla Chiesa delle cose concrete nel mondo. […]Ma quello che è importante è ciò che c’è dietro: una parte molto rilevante dell’ebraismo ortodosso ha trovato un accordo e prodotto un testo condiviso sul dialogo, riparando anche a documenti usciti in passato che contenevano aspetti discutibili dal punto di vista dottrinale”. Il rabbino ha evidenziato pure che “la produzione in campo ebraico sul tema del rapporto con la Chiesa è decisamente minore rispetto a quella nella direzione opposta [la produzione della Chiesa in merito al rapporto con l’ebraismo]”. “La distanza teologica c’è e non può essere colmata” [e non dev’essere colmata, per non annullare irenicamente la diversità fra le due religioni – secondo il mio parere], ma essa non è un ostacolo per agire su altri fronti.
Rav Goldschmidt, sempre su Pagine Ebraiche, ha evidenziato che  il Documento costituisce “un momento di valenza storica. Mai prima d’ora all’interno del mondo ortodosso si è era dimostrata una tale trasversale unità, con la partecipazione dell’Europa, d’Israele e America, sul tema del dialogo con la Chiesa”. Nel Documento – per la cui stesura c’è stato un lavoro di due anni- non si parla solo del passato e dei passi avanti fatti, ma si guarda anche al futuro, alle vie di impegno condiviso: “La libertà religiosa  è sempre più minacciata ed ebrei e cattolici hanno un doppio fronte comune contro cui combattere: da una parte, l’estremismo secolare; dall’altra quello religioso”. Il riferimento è a quei movimenti xenofobi che colpiscono le libertà religiose e confondono, ad esempio, l’Islam come religione con il radicalismo, la versione estremizzata e distorta dell’Islam, che fa vittime in Medio Oriente e in tutto il mondo”.
Rav Arus ha sottolineato, su Pagine Ebraiche,  l’importante contributo di Papa Francesco ai rapporti con l’ebraismo, riconoscendo “la nuova forma di antisemitismo, ovvero quella diretta ad attaccare e delegittimare Israele. […] Il nostro impegno con la Chiesa – ha affermato – deve poi fare in modo di mobilitare più persone possibili affinché cessi questo odio costante verso l’altro, verso lo straniero”.
Il Documento Fra Gerusalemme e Roma costituisce veramente un evento epocale; occorre quindi che venga  divulgato fra i cattolici, gli altri cristiani e gli ebrei, studiato e approfondito, come del resto anche i documenti prodotti dal Magistero. Il Documento rafforza il nostro impegno di cristiani a camminare con i fratelli ebrei, nel rispetto delle nostre diversità, pur condividendo un patrimonio spirituale, nella reciproca conoscenza, nella fiducia, nell’amicizia, lavorando assieme per il tikkun olam, per rendere migliore questo mondo, con tutte le sue profonde lacerazioni, affinchè risplenda sempre più della bellezza dell’Altissimo, che è fonte di luce e di pace.
Lucia Antinucci
 

 

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