Il nostro tesoro più grande. Scritti sul Sacramento dell’altare

M. Lutero, Il nostro tesoro più grande. Scritti sul Sacramento dell’altare (Cultura Studium Nuova serie 307), a cura di A. Sabetta, prefazione di F. Ferrario, postfazione di G. Lorizio, Edizioni Studium, Roma 2023, pp. 327, euro 32.

La presenza corporale di Cristo nel sacramento dell’altare mai è stata negata da Lutero nei suoi scritti e nelle sue predicazioni. La sua polemica nei confronti della Chiesa cattolica riguardava soprattutto gli abusi nella celebrazione dell’eucaristia per la vendita delle indulgenze. Bisogna prendere atto che, con l’emergere dell’ala più radicale della Riforma, in particolare Zwingli ed Ecolampadio, Lutero metterà a fuoco il realismo della presenza del corpo e del sangue di Cristo in forma fisica nel Sacramento dell’altare per non compromettere il significato della Cena e dell’intero Evangelo. «I testi qui raccolti, tutti inediti in italiano, aiutano a capire la progressiva messa a fuoco del carattere corporeo della presenza di Cristo soprattutto a motivo dello scontro insanabile con coloro che Lutero chiama fanatici, che darà vita a una frattura nel mondo della Riforma durata molto a lungo. Il volume raccoglie i seguenti testi: Su ricevere il sacramento sotto entrambe le specie (1522), Sull’adorazione del sacramento (1523); Sermone sul sacramento del corpo e del sangue di Cristo contro lo spirito fanatico (1526), Le parole di Cristo “questo è il mio corpo… ecc” restano ancora salde contro i fanatici (1527); Breve confessione sul Santo Sacramento (1544)» (dalla IV di copertina).

Il professore Antonio Sabetta, che si occupa del pensiero filosofico moderno e di tematiche teologico-fondamentali con particolare riferimento alle questioni di confine tra filosofia e teologia, alla storia dell’apologetica e al pensiero di Lutero, nel suo intervento delinea con precisione e chiarezza il pensiero del Riformatore sulla Cena del Signore (cf. pp. 13-89) che scrisse tanto e costantemente su questo sacramento e non solo in polemica verso la Chiesa di Roma ma anche in risposta alle controversie di un certo protestantesimo non sacramentale. Bisogna prendere atto, contro i luoghi comuni, che la «controversia sulla Cena del Signore fu uno dei più significativi sviluppi del sec. XVI, secondo solo alla riforma stessa nelle sue conseguenze di lungo termine. Essa divise il movimento evangelico nel momento in cui più doveva presentarsi come un fronte unito contro gli oppositori romani, e condusse allo stabilirsi perpetuo di due tradizioni teologiche all’interno del protestantesimo. Coloro che scelgono di ignorare la controversia eucaristica o di liquidarla come irrilevante in questo modo trascurano uno dei temi più decisivi del cristianesimo della prima modernità» (p. 15). È necessario, quindi, nella lettura dei testi sulla Cena qui raccolti considerare il contesto particolare che ne determinò la stesura, prendendo come punto di riferimento la Confessione sulla cena di Cristo del 1528 che rappresentò, per Lutero, il punto di arrivo della sua riflessione teologica sul sacramento dell’altare. Nel trattato sull’Adorazione del sacramento, ad esempio, Lutero riflette sul sacramento dell’altare facendo due affermazioni fondamentali: «il primato della parola sul sacramento e il rifiuto dell’interpretazione simbolica del sacramento» (p. 39).

L’aspetto principale del sacramento è rappresentato dalle parole di Cristo, le parole dell’istituzione: «parole che ogni cristiano dovrebbe conoscere e custodire perché sono parole di vita e di beatitudine, sono le parole per cui chi crede ad esse a lui sono perdonati i peccati tramite la fede; esse sono in definitiva la sintesi e la sostanza di tutto il Vangelo e per questo motivo si deve attribuire molta più importanza a queste parole che al sacramento stesso. È alle parole che si deve rendere l’onore della fede poiché si può vivere senza il sacramento diventando pii e beati ma non si può vivere né diventare pii e beati senza la Parola. È la Parola che insegna il senso del sacramento, che ti fa dimenticare delle tue opere e attendere tutto da Cristo, ed è alla Parola che spetta il più alto onore perché “lì Dio è più vicino di quanto lo sia Cristo nel pane e nel vino”. Dunque nel sacramento dell’altare il primato spetta alla parola non al sacramento (nel senso di pane e vino)» (p. 40).

Il sacramento riceve efficacia dalla Parola, dal Testamento di Gesù Cristo, perché non può sussistere senza l’Evangelo, ossia senza la Parola di Cristo. Da qui il rifiuto di Lutero sull’inutile e vacua interpretazione simbolica della presenza di Cristo nel sacramento: pane e vino sono il corpo e il sangue di Cristo e non semplicemente una loro rappresentazione o significazione. L’attenzione di Lutero non è, però, sul modo della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino, ossia sulla questione della transustanziazione. Rifiutando un’interpretazione solo simbolica o spirituale della presenza di Cristo nel pane e nel vino, Lutero sottolinea più volte che non c’è nulla di contrario alla fede nel ritenere che il pane sia il corpo di Cristo e il vino il sangue, poiché già in natura abbiamo qualcosa di simile. Tuttavia, la critica alla tesi della transustanziazione è forte da parte di Lutero: la Scrittura afferma che il pane e il vino sono presenti assieme al corpo e al sangue di Cristo. Sul “come” di questa compresenza di pane e corpo, Lutero preferisce fare silenzio. «Per me è sufficiente sapere che la parola che ascolto e il corpo che ricevo sono veramente la parola e il corpo del mio signore e mio Dio. Lascia che i sofisti millantatori e privi di fede indaghino tali faccende imperscrutabili e facciano incantesimi per portare la divinità nel sacramento. Il corpo che tu ricevi, la parola che ascolti sono di colui che afferra l’intero mondo nella sua mano ed è presente a tutte le latitudini di tale mondo; fa’ in modo che questo ti basti» (p. 44). Anche l’asservimento del sacramento della cena al senso di sacrificio e all’opera buona è oggetto di critiche da parte di Lutero: «Come non puoi fare del Vangelo un sacrificio o un’opera, così non puoi farlo di questo sacramento, perché questo sacramento è il Vangelo […]. È un grande disprezzo del sacramento quando non gli si attribuisce nulla di più di quanto si attribuisca ad una buona opera, perché nessuna opera buona ci può liberare dai peccati, né può dare grazia, vita o salvezza; invece questo sacramento conferisce vita, grazia e beatitudine (Seligkeit), perché è una fonte di vita e di beatitudine» (p. 45).

Circa l’adorazione del sacramento, Lutero distingue tra due tipi di adorazione: una esteriore legata a luoghi (chiese) e gesti (genuflettersi, chinare il capo, ecc.) e una interiore che può avvenire ovunque e in qualunque modo. Quando l’adorazione esteriore avviene senza fede essa è una mera derisione di Dio perché la vera adorazione è quella spirituale e il vero culto spirituale è l’adorazione del cuore. «Pertanto laddove non c’è la fede nella presenza corporale del Cristo nel sacramento, non ha senso adorare né con il corpo, né con lo spirito» (p. 45).

La lettura diacronica e sincronica degli scritti di Lutero sulla Cena del Signore qui favorita è un ottimo contributo ecumenico per la comprensione di questioni dottrinali e sacramentali che in passato furono irriducibili tra cattolici e luterani. L’attualità di Lutero si evidenzia soprattutto nella libertà del cristiano per quanto non esplicitamente è prescritto dalla Scrittura a proposito della Cena, come per esempio l’adorazione personale, il come della presenza reale, ecc…  Dagli scritti di Lutero sulla Cena si evince una sua profonda sensibilità pastorale nel rispetto della fede dei semplici che non possono essere scandalizzati da questioni filosofiche o dottrinali su ciò che l’Evangelo stesso non dice, e hanno il diritto di ricevere il corpo del Signore sotto le due specie.

[Edoardo Scognamiglio].

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